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Che c'è di più spietato di un'università di provincia?

di Salvatore Marano

Recensione di The Human Stain di Philip Roth tratta da Bollettino d'Ateneo n. 3, 2003


Philip Roth, The Human Stain, Boston, Houghton Mifflin, 2000 (tr. it. La macchia umana, Einaudi, Torino 2001)

Se si esclude la diversità del giudizio riservato alla psicoanalisi, costantemente irrisa da Nabokov e usata con grande intelligenza da Roth a partire da Portnoy’s Complaint (1969), sono molti i punti di contatto fra Pnin e The Human Stain, trasposto sullo schermo da Robert Benton, con Anthony Hopkins nel ruolo del protagonista e Nicole Kidman in quello della sua giovane amante. All’origine del disastro che travolge e infine annienta l’esistenza di Coleman Silk, settantunenne ex-professore di Lettere classiche presso l’Athena College, “loquace, estroverso..., diversissimo dal pedante professore di latino e greco (come può testimoniare il Conversational Greek and Latin Club da lui fondato, ereticamente, quando era solo un giovane assistente)”, sono le invidie e le gelosie di un’accademia vendicativa e niente affatto incline a perdonare i torti subiti quando egli, da preside, “aveva pestato i piedi a molte persone”, sicché anche “i baroni con i programmi di tre ore a settimana furono costretti a farsi vivi”.

In un’atmosfera che ricorda quella di American Pastoral (1997) e I Married a Communist (1998), romanzi insieme ai quali The Human Stain forma una magistrale trilogia dell’intolleranza, dal maccartismo alla paranoia post-Vietnam, la direttrice del Dipartimento di francese, Delphine Roux, farà propria una infondata accusa di razzismo per orchestrare una campagna tesa a screditarlo. Approfittando del risentimento dei colleghi e del clima di esasperata follia da correttezza politica che impazza nel campus, la giovane professoressa in carriera sosterrà a spada tratta l'accusa avanzata da alcuni studenti di colore, a loro dire discriminati dall'uso del termine spook_ ("fantasma", "spettro", ma anche spregiativamente "negro", nel senso di uomo invisibile per i bianchi, come nell'omonimo capolavoro di Ralph Ellison) col quale in buona fede Coleman aveva indicato due allievi perennemente assenti dalle sue lezioni che - è evidente - non poteva aver visto prima.

Vittima innocente della lotta "per avere più voce in capitolo nella direzione dell’università” è la moglie di Coleman, Iris, la cui dipartita nel bel mezzo della bufera spingerà il professore a rassegnare le dimissioni. Allorché all'anziano studioso non è rimasto che il vuoto incolmabile della solitudine, però, l’amore inatteso e ricambiato per Fauna Farley, trentaquattrenne donna delle pulizie del college, giunge a salvarlo dalla deriva, nonché a farlo desistere dal progetto di pubblicare un memoriale sull’intera vicenda. Provato dalla tragedia e privo della lucidità necessaria per portare a termine questo suo proposito in un primo tempo Silk aveva cercato l'aiuto di uno scrittore di professione, Nathan Zuckerman, narratore intradiegetico e alter ego di Roth fin dalle pagine di The Ghost Writer (1979). Questi si appassiona alla sua vicenda anche per ragioni di affinità intellettuale: come tutti ad Athena, infatti, Nathan crede che Coleman sia, come lui, ebreo.

Sbagliandosi, dal momento che “per quanto il mondo sia pieno di gente che va in giro credendo di conoscere te o il tuo vicino, l’ignoto è davvero senza fondo”. E in effetti l’origine remota della rovina del professore va ricercata non tanto nella cattiveria di colleghi e allievi, quanto nel segreto col quale egli convive da oltre mezzo secolo: il peccato originale del passing - uno dei motivi più diffusi della fiction afroamericana, qui eccezionalmente impiegato da uno scrittore bianco-, sul quale negli anni Venti ha scritto pagine mirabili Nella Larsen, e alla cui banalizzazione mediatica ha contribuito più di recente l’esasperata chirurgia estetica di Michael Jackson. Esiliatosi dalla comunità d'origine, e condannatosi al silenzio in quella nella quale insegue il sogno americano di un'esistenza costruita sulla misura del proprio talento, Silk è in realtà un mulatto dalla pelle molto chiara che ha nascosto al mondo la sua vera origine. Un nero che si fa passare per bianco, illudendosi in tal modo di riscattare la propria condizione di outsider - pratica niente affatto rara nella comunità mulatta fin dal diciannovesimo secolo e particolarmente diffusa in quella harlemita a partire dagli anni Venti-, è destinato a soccombere a una società spietata e violenta come quella americana.

E poiché niente è più violento e spietato delle trame ordite all’ombra di un College di periferia da una decostruzionista repressa nella quale si incarna tutto “quel genere di prestigiosa trombonaggine accademica di cui gli studenti di Athena avevano bisogno come di un buco in testa”, al professore non sarà risparmiata l’umiliazione postuma di un’accusa non meno infamante e paradossale di quella che aveva provocato la sua rovina accademica. A Silk, morto insieme all'amante in un incidente stradale (che è, di fatto, un omicidio compiuto a sangue freddo dall'ex marito di Fauna, reso folle dalla gelosia e, soprattutto, dall'esperienza in Vietnam), viene infatti addebitato il tentativo di infangare la reputazione di Delphine Roux, con tanto di effrazione dell'ufficio e manomissione della posta elettronica (una messa in scena grazie alla quale la direttrice del Dipartimento rimedia a un errore che altrimenti le sarebbe costato la carriera).

Se in ultimo il segreto di Coleman resterà inviolato - con l'eccezione, oltre che della sua famiglia d'origine, di Zuckerman, trasformato dalle circostanze in una sorta di involontario detective etico -, un implacabile contrappasso restituirà al Nostro il ruolo postumo di paria spettantegli per nascita. La sua scandalosa relazione e le accuse della Roux, manco a dirlo, gli negheranno i _Festschrifts_ e l'ingresso nella Hall of Fame di Athena. E tutto ciò perché, nella tassonomia tripartita dei docenti del college messa a punto dall'ineffabile Delphine (i “Pannolini”, ossia, i giovani “papà di professione… poco stimolanti sul piano intellettuale, pedestri”, i “Cappelli”, alias “i writers in residence, gli incredibilmente pretenziosi scrittori americani ospiti dell’università”, e gli “Umanisti”, “i più vecchi, rustici e sorpassati…, antiquati e tradizionali che hanno letto tutto” e che “qualche volta la fanno sentire superficiale”), il professore appartiene proprio a questi ultimi. Pertanto, nel paradossale romanzo a tesi di Roth, la vicenda non può avere che un esito: se al giorno d'oggi "non ci sono più criteri…, ma semplicemente opinioni”, e chi lavora in un college ha “dimenticato cosa significhi insegnare” , infatti, l'umanista Coleman Silk è condannato al fallimento in quanto "unico sul pianeta, non ha altra prospettiva che la prospettiva letteraria totalmente disinteressata".

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