Teatro Massimo Bellini, si riparte con "La Boheme"

L’opera di Puccini, in programmazione dal 26 novembre al 4 dicembre, ha aperto la stagione operistica 2022/23

Alice Magnano

Si apre la stagione di Opere e Balletti al Teatro Massimo Bellini con il dramma più amato di Giacomo Puccini, uno fra i titoli più rappresentati di tutto il repertorio teatrale sia musicale che drammatico, il capolavoro La Bohème. L’opera è in quattro "quadri", su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, ispirato al romanzo di Henri Murger, Scene della vita di Bohème.

A dirigere l’orchestra Fabrizio Maria Carminati e a firmare la regia l’argentino Mario Pontiggia, amico e braccio destro del maestro. La loro è un’amicizia che debutta proprio nel 1993 nel Teatro Regio di Torino, lo stesso che 97 anni prima aveva ospitato la primissima rappresentazione della medesima opera diPuccini.

Questo è il dramma per eccellenza dell’inadeguatezza giovanile e da qui è possibile scovare la modernità di Puccini. Ambientata nella Parigi del 1830, l’opera presenta quattro giovani artisti bohèmien: il pittore Marcello, il poetaRodolfo, il filosofo Colline e il musicista Schaunard.

Nel primo quadro troviamo Rodolfo che sente bussare alla porta, una voce femminile chiede di poter entrare: è Mimì, giovane vicina di casa a cui si è spento il lume e cerca una candela per poterlo riaccendere. Una volta riacceso il lume, la ragazza si sente male: è il primo sintomo della tubercolosi.

Nel secondo quadro, tra le grida dei venditori di strada (qui spiccano le voci bianche del coro), Rodolfo compra a Mimì una cuffietta e successivamente la presenta ai suoi amici.

Nel terzo quadro i due innamorati, nonostante le avversità, decidono comunque di rimanere insieme fino a primavera.

Nel quarto e ultimo quadro si entra nel vivo della tragedia, colmo di dolore e di angoscia: la morte di Mimì. Questo avviene subito dopo che i due innamorati hanno rammentato i primi giorni del loro amore, finché la tosse non sopraggiunge e rende muta Mimì.

È un’opera che narra della giovinezza che sfugge, di una vita gaia e terribile, di obiettivi che non riescono ad essere raggiunti.

La morte di Mimì arriva alla fine: questo si collega al termine di un periodo, alla fine della gioventù.

Il finale è un meccanismo lacrimogeno estremamente moderno; questo rende il pubblico, anche dopo più di 120 anni, così acclamante. Difatti l’intero Teatro, dinanzi a siffatta maestosità, si è alzato in piedi per applaudire ad ogni singolo attore.