Zona Franca, uno spazio sicuro dove incontrare "l'altro"

La recensione dello spettacolo andato in scena al Teatro del Canovaccio scritta da Gaetano Gigante, studente di Beni Culturali al Dipartimento di Scienze umanistiche di Unict

Gaetano Gigante

Scritto e interpretato da Federica Maffucci, e con la regia di André Casaca, Zona Franca è il frutto di un interessante processo creativo, nato dall’unione tra l’esperienza da clown dell’attrice e il suo ricordo di una donna con dei problemi di salute mentale conosciuta negli anni di formazione.

A metà tra realtà e finzione, il personaggio di Franca appare estremamente umano nella sua complessità, la quale scaturisce dagli aneddoti raccontati come un vero e proprio flusso di coscienza, a primo impatto caotico ma con una sua coerenza interna.

L’interazione con il pubblico è una costante dello spettacolo, guidata dall’incredibile presenza scenica dell’attrice che riesce a passare da una gag, o un confronto diretto con gli spettatori, a momenti di riflessione più appartati. I rapidi mutamenti di registro espressivo sono riflessi dall’uso delle luci, calde nei momenti comici, fredde in quelli lirici.

La versatilità di Maffucci si traduce anche nella multidisciplinarietà della sua performance: l’attrice non si limita a recitare ma suona la fisarmonica e dei piccoli tamburi, intona delle arie liriche e una canzone in tedesco, accompagnando la propria voce con movimenti accostabili alla danza.

Attraverso la delimitazione di uno spazio (creato con un nastro giallo fatto passare tra il pubblico) Franca vorrebbe salvarci da una catastrofe imminente, tuttavia non sappiamo a quale catastrofe si stia riferendo, l’interpretazione è libera e volutamente lasciata allo spettatore.

La zona franca in questione, oltre all’arguto rimando al nome della protagonista, rappresentauno spazio sicuro nel quale abbandonare la propria armatura di difese e pregiudizi, in modo da poter incontrare l’altro e scoprire dei punti di contatto inaspettati. 

Proprio questo aprirsi all’altro, al diverso, rappresenta l’unica salvezza possibile dal disastro che si prospetta all’orizzonte. Nonostante si trovi ai margini della società, o forse proprio per questo, Franca offre una prospettiva lucida e illuminante sulla condizione umana contemporanea.

In un mondo sempre più alienante recuperare la nostra dimensione relazionale è forse l’atto più rivoluzionario che possiamo compiere, ed è proprio questo il messaggio fondamentale che questo spettacolo riesce a trasmetterci.