Mobbing Dick: un caso di molestie in salsa shakespeariana

La recensione dello spettacolo di e con Caroline Pagani andato in scena al Piccolo Teatro della Città, nell'ambito del "Catania Off Fringe Festival". Ce lo racconta Gaetano Gigante, studente di Beni Culturali al Disum di Unict

Gaetano Gigante

Caroline Pagani è autrice, regista, costumista e attrice di Mobbing Dick, un one-woman show che racconta la storia di una surreale e terribile audizione teatrale.

L’entusiasmo della protagonista per il suo lavoro emerge fin dall’inizio, nella preparazione di un monologo tratto da Misura per misura di Shakespeare. 

A raccontare è Isabella, la quale viene oltraggiata dal vicario del duca con la proposta di un rapporto sessuale dopo averlo implorato di risparmiare la vita del fratello. 

Un meccanismo non dissimile è quello che intercorre tra l’attrice in scena e il regista dell’audizione, il quale appare fin da subito decisamente ambiguo e inappropriato, suggerendo alla protagonista di essere più seduttiva. 

Ci troviamo di fronte a un caso di mobbing (da cui il titolo della performance abbinato alla parola dick, che può essere sia un riferimento al sesso maschile del regista sia un insulto nei suoi confronti), misto a molestie a danno dell’attrice, la quale tenta di catturare l’attenzione del "maestro" sfoderando sublimi interpretazioni di altri importanti personaggi femminili shakespeariani (Lucrezia, Giulietta, Titania, Cleopatra). Tuttavia il maestro diventa sempre più insistente ed esplicito, fino a chiederle di mostrarsi più "puttana".

Questo è il tema chiave dello spettacolo: nonostante il talento dell’attrice nel rappresentare un ampio spettro di emozioni, lo sguardo maschile la riporta sempre all’unica dimensione che riesce ad apprezzare, ossia quella della carne.

Sul versante delle scelte di regia e di scenografia colpisce l’essenzialità del quadro: sul palcoscenico si trovano un tavolino, un letto a baldacchino e un separé funzionale agli innumerevoli cambi di costume. 

Questi elementi acquistano particolare significato grazie ai loro colori principali, il rosso e il bianco, che possono essere interpretati come simbolo del binarismo forzato "santa/puttana", all’interno del quale il regista più volte tenta di rinchiudere la protagonista. Inoltre attraverso l’alternanza di luce fredda e luce calda sembra delinearsi la differenza tra lo sguardo empatico del pubblico e quello soltanto oggettificante del maestro.

Le donne, e soprattutto le donne artiste, troppo spesso sono vittime di tali umiliazioni e questo spettacolo è un vero e proprio atto di denuncia nei confronti di una situazione tanto diffusa quanto inaccettabile.