Le Giovanne (una eresia cosmica): "non pensare, non parlare, non far rumore"

La recensione dello spettacolo di e con Augustina Toia, diretto da Severo Callaci, andato in scena al Cut, nell'ambito del "Catania Off Fringe Festival". Le impressioni di Elisabetta Maria Teresa Santonocito, studentessa di Lettere al Disum di Unict

Elisabetta Maria Teresa Santonocito

Croci che sono spade, padelle che diventano scudi, ossa che costruiscono maschere, nulla è ciò che sembra. L’attrice argentina Agustina Toia gioca con le apparenze e con il suo corpo mutevole, ogni muscolo racconta di una storia di sofferenza e ogni oggetto cambia per corroborare ciascuna visione.

Una sequenza di storie e di quadri scenici dall’atmosfera surreale si svolge sotto lo sguardo attento degli spettatori. Una successione di donne, ognuna di una diversa nazionalità ma tutte rispondenti al nome "Giovanna", tutte vittime di violenze, offese e umiliazioni ma, allo stesso tempo, un unico modello di donna che vuole conquistare la libertà, che vuole far sentire il suo grido di ribellione. 

«Non pensare, non parlare, non far rumore» - le si intima - «la donna deve restare al suo posto!», le si ricorda, mentre Giovanna vorrebbe solo fuggire, alla ricerca di verità e giustizia.

La dimensione di isolamento domestico a cui molte donne sono ancora relegate è ricreata sulla scena attraverso fili di bucato con lenzuola stese, come le pareti fittizie di una "stanza tutta per sé" dai confini asfissianti, in attesa di essere squarciati. 

Il vestito bianco indossato dall’attrice, cangiante a seconda della storia narrata, contribuisce a trasmettere questo senso di costrizione, di prigionia all’interno di una "forma", di un ruolo prestabilito. Solo alla fine lo spettatore scoprirà se per queste donne sia possibile squarciare il velo, rifiutare l’abito e spezzare le catene che le legano a una società patriarcale, a un mondo che sembra fatto unicamente a misura d’uomo.

Raccontare la storia delle "Giovanne" che combatterono per i loro ideali significa non dimenticare il passato e affrontare il presente con lo stesso impegno assunto da loro. Il picchiettare di un bastone sulla scena dello spettacolo sembra contare i secondi, i minuti, le ore. Forse anche per noi è il tempo dell’azione?