“La Maternal”: maternità e disorientamento

Un film dalla Spagna che racconta dell’imprevedibile viaggio delle donne dall’adolescenza all’età adulta attraverso le relazioni fra corpi, sesso e società

Marta Anna Bertuna

La Maternalè un film di Pilar Palomero, candidato ai Goya spagnoli 2023 (corrispettivo dei David di Donatello italiani) come Miglior Pelicula, Mejor direcciòn e Mejor actriz de reparto

Dopo il successo del film Las Ninas, dedicato al tema dell’educazione femminile, il regista affronta il tema della maternità precoce con un duplice scopo: sfidarne i tabù e raccontarne le difficoltà affrontate dalle giovani donne.

La protagonista Carla, interpretata dall’estrosa attrice emergente Carla Quìlez, è una quattordicenne dalla personalità forte e ribelle che vive le criticità legate all’adolescenza e l’instabilità di una madre (Angela Cervantes), lontana dalle ‘responsabilità’ dell’età adulta. 

La sua frequente assenza spinge Carla verso una ‘libertà’ che si rivela spesso malsana e distruttiva: compiendo prima atti vandalici in casa altrui, provandone un certo godimento; e, poi, sfidando i limiti imposti ai corpi e alle relazioni sessuali adolescenziali, senza averne però la giusta consapevolezza. La ragazza rimarrà infatti incinta del suo migliore amico, un risvolto quasi prevedibile.

Da qui l’ambientazione si sposta in un centro di assistenza per ragazze-madri, dove è indirizzata la protagonista, e il film cerca di dare un’impronta più inedita al racconto della maternità. Intorno a una tavola rotonda vere ‘madri-attrici’ descrivono, con una recitazione spontanea, la loro esperienza. Questa impronta di realismo, forse a tratti un po’ forzata, non rappresenta il momento più profondo della narrazione.

La sua forza risiede invece nei ritratti dei personaggi attraverso l’uso quasi caravaggesco di luci e colori. 

Nei quadri visivi, la cornice dipinta è quella di un matriarcato imperfetto, a tratti debole e sofferto, in cui le donne emergono come “Madonne” ultra-umanizzate che scelgono di non rigettare la maternità né di idealizzarla. 

Un montaggio simile ricorre in una sequenza semplice di immagini in cui i primi piani delle protagoniste vengono accarezzati in spiaggia solo dalla luce e dal vento, lasciando allo spettatore delle tacite risposte ai numerosi quesiti sull’esistenza emersi.

Le ambientazioni del film aiutano a dislocare il tema in uno spazio simbolico plurale. Il movimento della protagonista, insieme alle altre, fra interni (come la casa di Carla o il centro di assistenza) ed esterni (legati a luoghi di divertimento) sottolineano l’impossibilità di relegare la maternità in un solo luogo e tempo. Nel film essa è così rappresentata come un’esperienza complessa, senza punti cardine, capace però di orientare la vita verso molteplici e imprevedibili destinazioni. 

È forse per questo che il rapporto sessuale tra Carla e il suo migliore amico, da cui si origina la maternità, è escluso dalla narrazione, così come il parto. Una scelta di sceneggiatura interessante perché sembra che il regista scelga di non demonizzare l’atto di libertà in sé ma di far ripartire il viaggio dai suoi primi effetti (con la gravidanza al nono mese e la cicatrice da cesareo).

La Maternal riflette in questo modo una società femminista sul piano pratico in cui le donne hanno pieno potere sulle scelte legate al proprio corpo, incluso il diritto alla paura e allo scoramento che ne deriva talvolta. Lo scopo della pellicola non è certamente quello di eroicizzare ma di dipingere le donne come protagoniste attive dell’esplorazione di un universo intricato ma avventuroso.