AntropologiaArcheologia / ArteBiotechChimicaDirittoEconomiaFilologiaFilosofiaFisica e AstronomiaInformaticaIngegneria / ArchitetturaLatinoLetteraturaLinguisticaManagementMatematicaMusicologiaPedagogiaPsicologiaScienze agrarieScienze ambientaliScienze biologicheScienze del farmacoScienze della TerraScienze e tecnologie alimentariScienze medicheScienze naturaliScienze politicheSociologiaStoriaStoria del cinema

Il grande Plastico di Pompei rivive in 3D

Presentati dall'Ibam-Cnr i primi risultati del progetto di digitalizzazione del modello in sughero del 1861 conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

L’imponente modello in sughero delle rovine di Pompei (1861-1929 ca.), conservato al piano superiore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, adesso rivive in 3D grazie allo scrupoloso lavoro effettuato dal team di specialisti del Laboratorio di Archeologia Immersiva e Multimedia (LAIM) dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

I risultati del progetto di digitalizzazione sul Plastico in sughero di Pompei del 1861 sono stati presentati all'interno del MANN dove l’imponente modello in sughero delle rovine di Pompei (1861-1929 ca.) è conservato al piano superiore. Un modello che rappresenta una testimonianza unica e preziosa per la sua potenziale valenza documentaria. Il progetto avviato dall’IBAM CNR consente di riscoprire, rivalutare e restituire il grande plastico alle sue originarie funzioni e alla fruizione da parte del grande pubblico.

Grazie alla disponibilità della direzione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, diretto da Paolo Giulierini, e la collaborazione di Valeria Sampaolo, è stato possibile acquisire il plastico esposto al MANN, voluto da Giuseppe Fiorelli nel 1861 e realizzato in circa settant’anni di lavoro meticoloso.

Il processo di digitalizzazione e di modellazione 3D, durato circa un anno, ha visto archeologi dell’IBAM e gli specialisti del Laboratorio di Archeologia Immersiva e Multimedia impegnati in un’accurata campagna di documentazione fotografica svolta sul campo. Tramite un carrello mobile appositamente costruito per effettuare le “strisciate fotografiche” sull’area del plastico e attraverso un’inedita metodologia di “macro-aerofotogrammetria”, gli specialisti del LAIM hanno potuto acquisire il dataset necessario alla fotomodellazione 3D dell’intero plastico, delle singole insulae e delle singole domus, le quali d’ora in poi saranno perfettamente navigabili.

Il plastico di Pompei, in quanto riproduzione conservativa dello stato archeologico al momento dello scavo, restituisce un’immagine parzialmente ricostruttiva di contesti ormai irrimediabilmente perduti, di decorazioni parietali ormai in disfacimento avanzato, di intonaci e ambienti ormai di difficile lettura di cui il plastico costituisce a volte l’unico testimone.

«La realizzazione di un esatto modello virtuale del modello fisico – dichiara Daniele Malfitana, Direttore dell’IBAM CNR – rappresenta un formidabile e potente strumento di studio e divulgazione. Il prodotto realizzato permetterà, infatti, di navigare dentro il plastico non soltanto per far conoscere al più ampio pubblico il grande contesto di Pompei così come è conservato oggi al MANN, ma anche di acquisirne una visione potenziata, consentendone un’osservazione e un’analisi che dal vivo non sarebbero altrimenti possibili. Il nostro studio trova la principale ragion d’essere nel voler ridare voce a questo straordinario testimone e alle storie ad esso legate, senza però trascurare lo straordinario valore sociale e divulgativo dei due modelli, quello in sughero e il corrispettivo virtuale».

Gli interessanti risultati scientifici raggiunti al termine di questa preliminare ed inedita fase di ricerca confluiranno in un atlante fotografico ragionato del plastico di Pompei, che l’IBAM e il MANN hanno già messo in cantiere e che vedrà la luce nei prossimi mesi.

«La prestigiosa collaborazione del MANN con l’IBAM CNR – afferma Paolo Giulierini, Direttore del MANN – conferma la volontà del nuovo corso del Museo di aprirsi alle collaborazioni scientifiche di eccellenza in vista del potenziamento della ricerca e di una fruizione più accattivante e dinamica del patrimonio del Museo. La tecnologia rappresenta una nuova frontiera verso la quale un istituto storico come il nostro può e deve tendere, per entrare nelle sfide culturali del terzo millennio»