“Il giovane corsaro” premiato al Festival Internazionale del Cinema di Frontiera

Ospitata al Dipartimento di Scienze umanistiche, la proiezione del film di Emilio Marrese si è conclusa con l'assegnazione del "Premio Sebastiano Gesù". Ce ne parla Alessandro Di Costa, studente di Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo

Alessandro Di Costa

Venerdì 18 novembre il Dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania ha ospitato la giornata inaugurale del XXII Festival Internazionale del Cinema di Frontiera, conclusasi con l’assegnazione del Premio Sebastiano Gesù - CSC (Centro StudiCinematografici) al regista Emilio Marrese, per Il giovane corsaro – Pasolini da Bologna.

La città dei portici è un tema ricorrente nella cinematografia di Emilio Marrese. Non è un caso che, tra le opere realizzate nell’anno del centenario pasoliniano, Il giovane corsaro – Pasolini da Bologna (2022) faccia luce sul rapporto dell’autore con la città natale.

Grazie a una scrittura vivace e originale, che ammicca alle nuove generazioni, il docufilm ripercorre gli anni giovanili di Pasolini, attraverso un ricco archivio di filmati, fotografie e interviste, accompagnati dalla voce narrante di Neri Marcorè

La scelta di una forma ibrida tra narrazione e documentario risulta convincente e permette di attualizzare il contenuto divulgativo, alternandolo alle vicende di uno studente universitario – interpretato da Nico Guerzoni – alle prese con una tesi sull’autore, destinata a diventare qualcosa di più di un semplice elaborato finale.

La cornice narrativa segue il ragazzo durante le ricerche, le interviste a importanti studiosi, i confronti con gli amici e, risparmiando noiose pedanti spiegazioni, trasporta lo spettatore nei luoghi legati alla biografia del “giovane corsaro”. 

La topografia urbana si trasforma così in una cartografia della memoria, che – lungi dall’essere mera celebrazione del passato – coglie la modernità di un intellettuale avanti rispetto al proprio tempo. Da foto, filmati e lettere prende vita l’immagine di un Pasolini già maturo e consapevole delle contraddizioni di una Bologna “consumista comunista”.

Il documentario indaga anche aspetti inediti della bildung pasoliniana, in maniera completa e talvolta coraggiosa spazia da tematiche leggere, come la passione per il calcio, ad altre più spinose, come il difficile rapporto con il padre e gli anni del fascismo. 

A visione conclusa, abbiamo la certezza che Marrese abbia colto a pieno il legame viscerale e totalizzante della città con l’autore, restituendone sullo schermo la complessità e la quasi sacralità, come una delle battute iniziali del film profetizza: «Di tutto quel che Pasolini sarà e vivrà, Bologna custodisce già ogni segno, anche del destino».