Esplorando i sentieri musicali dell’ensemble di Carlo Boccadoro

L'esibizione del gruppo italiano di musica contemporanea Sentieri Selvaggi al Teatro Sangiorgi, sesto appuntamento del Festival "Intersezioni", raccontata da Damiano Nicotra

Damiano Nicotra

Il viaggio attraverso la contemporaneità proposto dal Festival Intersezioni prosegue nella sua sesta tappa con Sentieri Selvaggi, ensemble fondato e diretto dal celebre compositore Carlo Boccadoro. Lo scorso 25 novembre l’ensemble ha acceso il Teatro Sangiorgi con una strabiliante avventura per sentieri di ogni tipo, disseminati per il mondo musicale.

Con il brano d’apertura, la briosa Love always counts del compositore inglese Michael Nyman, Boccadoro, nella veste di direttore, ha dischiuso un sentiero luminoso, irradiato da una frenesia poliritmica. A seguire, con la celebre Façadesdi Philip Glass, il sentiero si è incupito, come la colonna sonora di un thriller con un grado sempre crescente di suspence ricreato dal crescendo rossiniano.

Proseguendo sul sentiero del minimalismo americano, l’ensemble ha eseguito la rumorosissima Music for pieces of wood di Steve Reich, che prevede l’utilizzo di cinque coppie di legnetti: a partire da un ritmo semplice e spedito, che funge da metronomo, ciascun musicista si aggrega progressivamente e con un ritmo sempre diverso, fino a che non si genera un puzzle ritmico dove ogni tassello è perfettamente e pericolosamente incastrato l’uno con l’altro. 

Cosìlo spettatore si ritrova invischiato dentro ad un loop, con una vastissima varietà di ritmi che aspettano di essere rilevati e identificati.

I sentieri si sono fatti più selvaggi con Dark was the night, composta da Boccadoro in persona sotto l’influenza del blues di Blind Willie Johnson, considerato fautore dell’AmbientBlues e della tecnica del bottleneck, l’utilizzo di un anello di vetro che scorre sulle corde di una chitarra, il cui suono stridente è stato emulato da Boccadoro per mezzo di glissandi inquietanti e quarti di tono. 

Su un sentiero simile, ma meno pauroso, ha camminato Her dancing eyes di Mauro Montalbetti, compositore italiano che si propone di esplorare il suono dal suo interno, fino a portarlo alle estreme conseguenze.

I musicisti hanno quindi regalato una chicca tanto breve, quanto gradevole: la brillante My Rag di LorenzoFerrero, un ragtime rarefatto, ma di cui pur sempre si conserva il carattere effervescente. Ancora una volta il punto focale è il ritmo; il che è quasi inevitabile nella musica contemporanea, complice lo straordinario rinnovamento da cui nel Novecento sono stati interessati gli strumenti a percussione.

L’ensemble ha dato l’arrivederci con Da cosa nasce cosa di Francesco Antonioni, cominciando su un sentiero orientaleggiante, per poi tuffarsi in un calderone di ostinati ritmici, accordi dal sapore jazz, glissandi, corde del pianoforte pizzicate… e poi, al culmine della potenza sonora, l’ensemble è esploso in una serie di accordi ultradissonanti: come perdersi in un sentiero scosceso e roccioso, fino a ritrovarsi di fronte a un burrone.