Con il naso in su

La recensione dello spettacolo di e con Andrea Zanacchi, andato in scena al Teatro Stabile di Catania per la rassegna "Palco Off", scritta per noi da Gaetano Gigante

Gaetano Gigante

La decima stagione della rassegna “Palco Off” si è aperta alla Sala Futura del Teatro Stabile di Catania con lo spettacolo Con il naso in su di e con Andrea Zanacchi, per la regia di Antonio Grosso e con Laura Benvegna al violoncello.

Zanacchi si muove in uno spazio scenico ridotto all’osso: sul palco troviamo soltanto un pallet, due cassette di legno, un velo nero e delle cianfrusaglie. Accompagnato dalle note di Benvegna che, con il suono del suo strumento sottolinea i passaggi di maggiore lirismo, l’attore dà vita a una performance ammirevole, riuscendo a incarnare una moltitudine di personaggi differenti (tra cui suo zio, suo nonno, sua madre, suo fratello, etc.).

Tutto ha inizio dall’incontro tra il protagonista Nino, un senzatetto, e Marco (la cui presenza è evocata dalle battute di Nino stesso), un ragazzo più giovane che si interessa alla sua vicenda. Nel raccontarsi, Nino lega la propria storia familiare a quella degli avvenimenti caratterizzanti la Storia e la cultura popolare a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo: i mondiali di calcio del 1994, il karaoke di Fiorello, l’attacco alle torri gemelle, il terremoto dell’Aquila del 2009.

L’intreccio tra racconto individuale e storia collettiva, attraverso il quale è possibile cogliere lo ‘Zeitgeist’ di un’Italia tra la fine del Novecento e l’inizio degli anni Duemila, riesce ad avvicinare intensamente lo spettatore alla figura del senzatetto.

Al giorno d’oggi, infatti, siamo ‘anestetizzati’ nei confronti di queste persone che vivono in condizioni di assoluta povertà, che vengono quasi discriminate per il loro disagio economico e sociale. In tal senso lo spettacolo si propone come un ‘antidoto’ contro questa silente epidemia di indifferenza, suggerendo un atteggiamento diverso: l’ascolto. L’ascolto come apertura all’altro, al ‘diverso’.

È lo stesso Zanacchi a offrirci questa chiave di lettura durante un incontro con il pubblico successivo alla rappresentazione, come accade per ogni allestimento della rassegna “Palco Off”.

È proprio il porsi in ascolto di un estraneo, spiega l’attore, che porta il giovane Marco a intraprendere un percorso di crescita. L’autore vuole proporre un messaggio di speranza alle nuove generazioni, incoraggiandole (non senza un certo paternalismo) a distaccarsi dal mondo sempre più alienante dei social media per ritrovare una condivisione con il prossimo, un modo per sostituire la diffidenza rispetto all’altro con la curiosità di entrare in contatto con esperienze di vita distanti dalla propria.