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"Colour Code", la vocazione di Fabio Modica per il colore

di Irene Alì (redazione web)

Una sintesi del lavoro dell'artista catanese, che sta ottenendo successi e gradimento internazionale, è in mostra al Convitto delle Arti di Noto fino al 14 gennaio nell'ambito dell'iniziativa "Quadrilatero del Contemporaneo"

Ha aperto i battenti lo scorso 7 dicembre, al Convitto delle Arti di Noto, la mostra personale di Fabio Modica "Colour Code", inserita nel "Quadrilatero del Contemporaneo", novità della manifestazione "Notodinverno 2018" che vede oltre 30 artisti tra pittori, scultori e fotografi protagonisti nei siti più belli della città di Noto.

La mostra è stata inaugurata nel corso di una passeggiata in quattro tappe - Palazzo Impellizzeri, Palazzo Ducezio, Palazzo Nicolaci e Convitto delle Arti, appunto, che ospita "Colour Code" fino al 14 gennaio 2018 - sedi importanti, che ospitano artisti quasi tutti siciliani, affermati nel panorama artistico internazionale. Tra loro anche Fabio Modica, che espone alcune tra le opere più belle delle sue collezioni, opere che hanno partecipato ad esposizioni di assoluto e riconosciuto valore artistico. Dal 2000 ad oggi, sue opere sono state infatti in mostra a Madrid, Chicago, Atlanta, Tulsa, Nizza, Londra e Barcellona e in giro per l'Italia (Vicenza, Reggio Emilia, Ferrara, Milano, Siena, Bologna).

«Il colore, per Fabio Modica, non è uno strumento accessorio: è una scelta, anzi una vocazione. E le vocazioni, si sa, prima o poi pretendono di essere abbracciate».

Ci introduce così la curatrice della mostra, Daniela Vasta, al mondo di Fabio Modica e inducendoci a un "abbraccio" con le opere in mostra, scelte tra quelle che meglio illustrano la forza che il colore ha in questo artista. «Eleggere il colore a vero e proprio “codice” - spiega Vasta - significa che esso assurge a sistema linguistico autonomo e compiuto, dotato di una fonetica, una grammatica e una sintassi, nonché di un lessico utile per “dire”, per raccontare tutta la realtà».

Una realtà affollata di presenze, come quelle che popolano l’atelier catanese di Fabio Modica: «È una collettività di storie su storie, di voci intrecciate ad altre voci, di volti che guardano volti, di sguardi che sussurrano racconti di vita e di dolore - chiarisce Vasta -. Esporre questi dipinti significa liberare narrazioni compresse, in attesa di dispiegarsi e di parlare a voce alta; esporsi ad essi significa essere disposti a un contatto potenzialmente destabilizzante».

Energia controllata

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è necessaria molta disciplina per governare forze così poderose. Se i colori sono energie impulsive, centrifughe, tendenzialmente anarchiche, occorre concentrarsi sulle loro proprietà e formulare attente valutazioni per prevedere le loro reciproche relazioni e dominarne perfettamente gli esiti espressivi.

Quando ci si trova di fronte alle opere di Fabio Modica si ha proprio questa impressione: di un’enorme energia sapientemente controllata, meticolosamente guidata. Nelle pitto-sculture composte di fili elettrici, di stracci, di plastiche, questo procedimento è assai più evidente, perché non si può fare a meno di immaginare il lavoro artigianale delle mani che costruiscono, assemblandolo lentamente, un manufatto. Ma anche nella pittura, a ben vedere, accade la stessa cosa: la costruzione meticolosa della superficie pittorica, tassello dopo tassello, tono accanto a tono, fa sì che l’impulso sia soggiogato dalla ragione, che la passione venga sottoposta al filtro della mente.

La forza del colore

Quando, intorno al 2010, la strada del colore, all’interno del percorso artistico di Modica, sembra promettere finalmente una verità di ispirazione e una bontà di risultato che incoraggiano a percorrerla, ecco che l’artista si può spingere a misurarsi con il grande formato, più ambizioso e complesso da gestire. Un’audacia che viene premiata sin da subito da risultati più che convincenti, come The other (2009), Untitled (2010) o Simona (2011): volti dall’espressione ora distante ora timorosa che emergono da neri profondi e saturi, in cui le stesure smaltate e neomanieriste degli esordi sono state sostituite da complesse tarsie cromatiche, cesellate con la scrupolosità dell’orafo. I colori prescelti sono spiccatamente antinaturalistici, violenti, urlanti. Le tessere di colore si ampliano e diversificano nella peculiarità delle diverse superfici, facendosi ora lisce e diluite, ora corpose e materiche. In alcuni punti la densità della stesura pittorica, resa scabra dall’aggiunta di materia (sabbia, detriti, foglie) crea volutamente inciampi visivi, e costringe a una lettura lenta, a riconoscere quei frammenti di “realtà” inglobati nella sostanza viva del colore e posseduti da esso.

La giusta distanza

Per quanto possa giungere sulla soglia della pittura senza oggetto, Modica tuttavia non si addentra mai in questo territorio, convinto della necessità “morale” del soggetto, sospettoso nei confronti delle derive contemporanee del concettuale. A chi guarda è richiesta una “giusta distanza”: non troppo lontano, perché questo farebbe perdere quella complessità di scrittura e di stratificazioni, quella materia scabra e sofferta, che è fondamentale per comprendere la poetica dell’artista; non troppo vicino, perché questo annienterebbe la percezione del soggetto.

Quando

Allestita nella sala al piano terra del Convitto delle Arti (corso Vittorio Emanuele 91, Noto), "Colour Code" sarà visitabile gratuitamente fino al 14 gennaio, dal martedì al venerdì dalle 16 alle 20, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. Ma non è tutto: altre opere dell'artista saranno visibili alla Galleria Studio Barmun (via Silvio Spaventa, 4 - Noto) fino a fine gennaio.