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Cancel Culture? Per un manifesto sul valore dei classici

di Chiara Racalbuto (redazione web)

In video, la versione integrale dell'incontro promosso dal Dipartimento di Scienze umanistiche, che si è svolto il 6 dicembre scorso al Monastero dei Benedettini. L'Università di Catania è la prima in Italia ad organizzare un dibattito sul tema


«La rimozione dei classici è un segno che noi, come cultura, abbiamo abbracciato fin dalla più tenera età la scuola utilitaristica a spese dell'educazione dell'anima. Per porre fine a questa catastrofe spirituale, dobbiamo ripristinare la vera educazione, mobilitando tutte le risorse intellettuali e morali possibili per creare esseri umani dotati di coraggio, visione e virtù civiche».

Gli intellettuali americani Cornel West Jeremy Tate, nell'articolo "Howard University’s removal of classics is a spiritual catastrophe", apparso su The Washington Post il 19 aprile 2021, commentano così la decisione della Howard University di Washington, prestigioso ateneo frequentato in gran parte da afroamericani, di chiudere il proprio dipartimento di Classics. 

Una decisione dettata ufficialmente dalla carenza di iscritti, ma che nasconde una tendenza sempre più crescente nella società statunitense del "Black Lives Matter": gettare nel tritacarne della "Cancel Culture" anche la cultura classica, identificata con gli ideali occidentali su cui si fonda la democrazia americana, fatti di libertà e patriottismo ma anche di razzismo e disuguaglianze, in cui molti afroamericani, provati da decenni di emarginazione, soprusi e ancora sconvolti dalla tragica morte di George Floyd, non si riconoscono più.

La Cancel Culture dei Classics, in realtà, si inserisce in un più ampio fenomeno di delegittimazione della cultura classica a scapito della visione tecnocratica ed economicistica di una società sempre più veloce, frenetica, dove sottrarre  tempo alla produttività per fermarsi a pensare, a riflettere, a guardarsi dentro con gli strumenti preziosi del sapere umanistico è visto come un inutile spreco di risorse ed energie.

Qual è dunque oggi la funzione della cultura umanistica? Qual è il valore dei classici nella società contemporanea? 

Questi i temi dell'incontro dal titolo "Cancel Culture? Per un manifesto sul valore dei classici", che si è svolto lunedì 6 dicembre all'Auditorium "Giancarlo De Carlo" del Monastero dei Benedettini.

All'incontro, promosso dai docenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche Giovanna Giardina (Storia della Filosofia antica), Monica Centanni (Lingua e Letteratura greca), Orazio Licandro (Diritto romano e Diritti dell'antichità), con il coordinamento organizzativo di Arianna Rotondo (Storia del Cristianesimo e delle chiese) e moderato dalla giornalista Cinzia Dal Maso, hanno partecipato la scrittrice Nadia Fusini, le docenti Francesca Lamberti (Università del Salento) e Giulia Sissa (University of California - Los Angeles) e il matematico Daniele Struppa, presidente della Chapman University.

Sono intervenuti, inoltre, Marina Paino, direttrice del Disum, e Daniele Malfitana, presidente della Scuola Superiore di Catania.

In un Auditorium gremito di studenti e semplici appassionati, gli studiosi si sono confrontati in un dibattito sull'attualità e sulla difesa del sapere umanistico, il primo organizzato in Italia:

«Oggi è una giornata molto importante  - spiega Cinzia Dal Maso - Catania è la prima università italiana a trattare questo argomento, molto discusso negli Stati Uniti ma ancora poco in Europa e soprattutto in Italia. Da qui  si possono porre le basi per un dibattito e può partire un messaggio molto importante»

Se Catania può rappresentare l'avvio per una riflessione più approfondita e per la creazione di un vero e proprio manifesto sul valore dei classici, è grazie all'iniziativa di Giovanna Giardina, presidente del corso di laurea in Filologia Classica: «ho lanciato ai colleghi antichisti del Disum la proposta di riflettere sul fenomeno culturale della Cancel Culture dei classici. Come studiosi della cultura classica e come appartenenti a un territorio che ha ereditato tale cultura, ritengo fosse doveroso confrontarci con questi temi. Noi non intendiamo presentare un manifesto in difesa dei classici. Noi intendiamo interrogare e interrogarci sul valore dei classici, per eventualmente costruire un manifesto condiviso su questo valore.».

Dello stesso avviso Monica Centanni: «Nessun atteggiamento difensivo può premiarci. Dobbiamo spiegare perché i classici sono importanti per noi oggi, senza nessuna resistenza, nessuna retorica dei valori, nessun neoclassicismo».

Interrogarci sul ruolo della formazione umanistica in un mondo ossessionato dalla tecnologia è «un tema di straordinaria attualità che riguarda il nostro futuro - spiega Orazio Licandro - la formazione umanistica riguarda anche il buon funzionamento della nostra società». 

 La cultura umanistica è una preziosa risorsa per scavare dentro se stessi, per recuperare la bellezza, la creatività, per trovare qualcosa a cui aggrapparsi quando nemmeno i più importanti progressi scientifici e tecnologici bastano a tirarci fuori dai guai, dalle torbide sabbie mobili della disperazione e dell'angoscia esistenziale. «Primo Levi, durante la terribile esperienza del lager, è riuscito a salvarsi dal baratro recitando la Divina Commedia», conclude Licandro.

Il lungo e importante dibattito che vede l'Università di Catania promotrice di una riflessione pronta a estendersi nel resto del Paese è stato impreziosito dalla partecipazione dei prestigiosi ospiti, collegati in streaming dagli Stati Uniti e dall'Italia.

Giulia Sissa, docente del Department of Classics dell'UCLA, ha spiegato il significato del termine "to cancel", che non è "erase", ovvero "cancellare" ma ha un senso più profondo: "to cancel", chiamare fuori, chiamare a rispondere dei propri comportamenti" e anche "deprogrammare, fare marcia indietro".

Nadia Fusini, anglista, studiosa di Shakespeare, ha invitato a riflettere sulla necessità di comunicare l'utilità dei classici alle nuove generazioni, di accompagnarli in una crescita intellettuale e spirituale. In tal senso, se il fine della scuola è educare, offrire il sapere per formare all'esercizio del potere, lo studio della cultura classica serve.

L'intervento del matematico Daniele Struppa si è sviluppato intorno a due domande: perché i classici e qual è il loro ruolo nell'educazione e nella cultura? Perché si assiste a questo attacco al sapere umanistico?

Francesca Lamberti, docente di Diritto romano nell'Università del Salento, ha preso spunto dalla storia, e in particolare dalla furia iconoclasta dei talebani che, nel 2001, distrussero antichissime statue dei Buddha nella valle di Bamiyan (Afghanistan), un punto di svolta per quanto riguarda le tematiche affrontate, per una riflessione sulla nuova ondata di "decolonizzazione" del classico.

In video, la registrazione integrale dell'evento, con gli interventi completi di tutti i partecipanti.